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India e Pakistan: gli attacchi aerei continuano. Rischio di guerra fra potenze nucleari

India e Pakistan: gli attacchi aerei continuano. Rischio di guerra fra potenze nucleari

Il portavoce dell’esercito pakistano, il tenente generale Ahmad Sharif, ha dichiarato che l’India ha lanciato – nella notte fra mercoledì 7 e giovedì 8 gennaio 2025 – droni d’attacco contro il Pakistan, uno dei quali ha attaccato una base militare vicino Lahore ferendo 4 soldati e danneggiando la struttura.

Il portavoce ha aggiunto che 25 droni, lanciati in diverse parti del Paese, sono stati abbattuti dalle forze pakistane e che un civile è stato ucciso e un altro ferito quando i detriti di un drone abbattuto sono caduti nella provincia di Sindh. Un altro è caduto nella città di Rawalpindi, vicino alla capitale, ha riferito ancora il portavoce parlando alla tv di Stato. Il lancio di droni da parte dell’India giunge all’indomani dell’attacco missilistico indiano che ha colpito diverse località del Pakistan, provocando secondo Islamabad un bilancio di 31 civili morti, fra cui donne e bambini.

Il governo indiano, da parte sua, ha fatto sapere che il Pakistan ha lanciato un attacco aereo utilizzando “droni e missili” durante la notte, prima che Nuova Delhi si vendicasse per distruggere un sistema di difesa aerea a Lahore. “Il Pakistan ha tentato di ingaggiare una serie di obiettivi militari utilizzando droni e missili”, ha detto il ministero della Difesa indiano, aggiungendo che “questi sono stati neutralizzati” dai sistemi di difesa aerea. 

Le relazioni già tese tra India e Pakistan, paesi dotati di armi nucleari, hanno dunque raggiunto nuovi livelli di criticità, dopo l’attacco del 22 aprile a Pahalgam, in Kashmir, in cui 26 turisti indiani in prevalenza di fede induista sono stati uccisi da militanti islamisti. L’attentato, avvenuto durante un pellegrinaggio religioso, ha provocato una dura reazione di Nuova Delhi, che nella notte italiana tra martedì e mercoledì ha lanciato l’operazione militare ‘Sindoor’, colpendo con attacchi aerei e missilistici nove obiettivi in territorio pakistano e nella zona pakistana del Kashmir.

Secondo l’India si trattava di infrastrutture terroristiche. Il nome dell’operazione, ‘Sindoor’, fa riferimento alla polvere rossa usata nei rituali induisti come simbolo di protezione e sacrificio da parte delle donne sposate, un richiamo simbolico alle vittime dell’attentato, molte delle quali erano donne devote in pellegrinaggio. Islamabad ha risposto con veemenza, denunciando la morte di almeno 31 persone, tra cui 26 civili, comprese donne e bambini.

Le autorità pakistane hanno definito l’azione indiana un “atto di guerra” e hanno autorizzato le proprie forze armate a rispondere, affermando di aver abbattuto cinque jet nemici. Da Islamabad è arrivata anche la minaccia del rischio di una guerra nucleare se le tensioni dovessero aumentare. L’incaricato d’affari indiano è stato convocato dal governo pakistano per una formale protesta contro quelli che Islamabad ha descritto come “attacchi non provocati”.

Nel frattempo, gli scontri armati lungo la Linea di controllo (Loc), il confine de facto tra le due nazioni in Kashmir, si sono intensificati.Secondo fonti indiane, almeno 12 civili sono stati uccisi e oltre 40 feriti dai bombardamenti pakistani nel distretto di Poonch, mentre altri 10 civili sono rimasti feriti nella zona di Uri, come riportato dalla polizia del Kashmir.

Il conflitto indo-pakistano ha radici profonde, risalenti alla violenta spartizione del 1947 che portò alla nascita dei due Stati e a tre guerre, due delle quali per il controllo del Kashmir, regione a maggioranza musulmana rivendicata da entrambi. Le tensioni si sono aggravate negli ultimi anni, in particolare dopo la revoca dell’autonomia del Jammu e Kashmir da parte dell’India nel 2019, una mossa che Islamabad considera provocatoria. La presenza di armamenti nucleari in entrambi i Paesi rende il confronto uno dei più pericolosi a livello globale. La comunità internazionale ha espresso crescente preoccupazione.

Gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e l’Onu hanno chiesto con urgenza una de-escalation. La Turchia ha parlato apertamente di “rischio di guerra totale”, mentre l’Alta rappresentante dell’Ue per la politica estera, Kaja Kallas, ha definito la situazione “molto preoccupante”. Anche il Cremlino ha sollecitato moderazione, invitando entrambe le parti a tornare al dialogo.Un appello congiunto alla calma è arrivato anche dal presidente francese Emmanuel Macron e dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, incontratisi all’Eliseo, così come dal premier britannico Keir Starmer.

La Cina si è detta “pronta a collaborare con la comunità internazionale” per contribuire alla distensione. Da parte sua, il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar ha dichiarato di aver contattato i suoi omologhi di diversi Paesi, tra cui Spagna, Francia, Germania, Giappone e Qatar, per tenerli aggiornati sull’evolversi della crisi. Il ministro della Difesa pakistano, Khawaja Muhammad Asif, ha avvertito che l’operazione indiana potrebbe “espandere il conflitto”, ha sottolineato che Islamabad intende “evitare una guerra su vasta scala”, ma allo stesso tempo “il rischio di un conflitto nucleare è reale e non può essere ignorato”.

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