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Iran: missili contro base in Qatar. Trump dalla Situation room : “Reazione debole”. Successione Khamenei: spunta un Khomeini

Iran: missili contro base in Qatar. Trump dalla Situation room : “Reazione debole”. Successione Khamenei: spunta un Khomeini

Il Presidente Donald Trump durante la riunione sulla sicurezza nella Situation Room alla Casa Bianca (foto Casa Bianca)

WASHINGTON – La rappresaglia iraniana dopo il diluvio di fuoco sulle centrali nucleari è stata volutamente misurata e ampiamente preannunciata, tanto che Donald Trump ha “ringraziato” Teheran per averlo “avvisato tempestivamente” della “reazione molto debole” ai raid Usa.

“Questo ci ha permesso di non perdere vite e di non ferire nessuno. Forse l’Iran può ora procedere verso la pace e l’armonia nella regione. E incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso”, ha detto il tycoon prima di fare le sue “congratulazioni al mondo: è tempo di pace!”

L’attacco iraniano è stato sferrato verso Al Udeid, la più grande struttura militare statunitense in Medio Oriente che conta più di 10.000 soldati ed ospita lo Us Central Command e altre forze alleate. Dopo che i media avevano riferito di dieci missili utilizzati per il raid, il presidente Usa ha precisato che nell’attacco “sono stati lanciati 14 missili: 13 sono stati abbattuti e uno è stato lasciato andare perché non era minaccioso”.

“Nessun americano è rimasto ferito e i danni sono stati pressoché inesistenti”, ha poi sottolineato Trump, mentre i pasdaran hanno rivendicato da parte loro che “sei missili hanno colpito la base”. Già prima delle parole del leader Usa, il New York Times aveva parlato di raid “coordinati” tra Teheran e Doha, così da evitare vittime e rendere la risposta della Repubblica islamica puramente simbolica. L’allerta massima è scattata anche in Iraq, ma il lancio di un missile diretto verso una struttura americana nel Paese annunciato in un primo momento è stato in seguito smentito da Baghdad e dai militari statunitensi. Mentre colpi di mortaio delle milizie filo-Teheran sono caduti su un compound in Siria.

Con ore di anticipo si sono susseguiti annunci sui media americani di “un attacco imminente”, mentre Doha aveva già chiuso lo spazio aereo nazionale come misura “precauzionale”. E le ambasciate di Stati Uniti, Cina e Regno Unito avevano invitato i loro connazionali in Qatar a “restare a casa” per sicurezza. Tutto sembra indicare la volontà di Teheran di chiudere lo scontro, almeno con Washington, in un’unica mossa: scegliere come bersaglio la base in Qatar “ha senso, soprattutto se gli americani vengono avvertiti in anticipo”, è la lettura dell’analista politico Ian Bremmer, che evidenzia come la base di Al Udeid “può offrire una risposta spettacolare al pubblico iraniano” correndo meno rischi di provocare un’altra escalation.

Malgrado tutto, e a uso interno, la tv di Stato iraniana ha annunciato urbi et orbi l’operazione ‘Benedizione della Vittoria’, con cui Teheran “ha lanciato una risposta potente all’aggressione americana” proprio mentre Donald Trump riuniva il suo consiglio di sicurezza nella Situation Room. Mentre i pasdaran hanno esultato avvertendo che “il messaggio” per la Casa Bianca è che l’Iran “non lascerà che alcuna aggressione resti senza risposta”.

Secondo fonti citate dai media Usa, il tycoon non vuole un maggior coinvolgimento militare in Medio Oriente dopo la ritorsione dell’Iran, e non risponderà agli attacchi alle basi. Ma l’imprevedibile resta comunque dietro l’angolo. La galassia delle milizie filo-Teheran disseminate in Medio Oriente potrebbero essere meno propense a chiuderla qui. E resta massima l’allerta per la possibilità di attacchi da parte delle “cellule dormienti” della Repubblica Islamica in territorio americano. Da parte sua, l’Iran della propaganda proverà a massimizzare il profitto di una vendetta che ha soprattutto l’obiettivo di far respirare il regime, messo sotto scacco dall’offensiva israeliana e il malcontento popolare.

Rintanato e sorvegliato h24 dalle forze speciali Vali-ye Amr delle Guardie Rivoluzionarie, Ali Khamenei è tornato a parlare sui social, prima promettendo che “continuerà la punizione” contro Israele – con cui intanto la guerra continua – e poi commentando i raid sulle basi Usa, assicurando che Teheran “non ha aggredito nessuno, non accetta l’aggressione di nessuno e non si sottometterà alle aggressioni di nessuno”, accompagnando il tutto con l’immagine di una bandiera Usa in fiamme.

Ma nel frattempo, il tempo stringe per la ricerca di un successore: stando alla Reuters online, che cita fonti a conoscenza dei colloqui, la commissione nominata dallo stesso ayatollah due anni fa per identificare il suo sostituto ha accelerato il suo lavoro. L’obiettivo è evitare l’instabilità e dare continuità al regime nel caso in cui Khamenei venisse ucciso, in un establishment iraniano più diviso che mai. In questo quadro, a differenza di quanto emerso nei giorni scorsi, tra i due candidati principali in pole per la successione ci sarebbe anche il figlio 56enne di Khamenei, Mojtaba; il contendente sarebbe Hassan Khomeini, nipote del padre della Repubblica islamica.

Stretto alleato della fazione riformista, Khomeini gode di rispetto anche tra gli alti prelati e le Guardie Rivoluzionarie per via della sua discendenza. E potrebbe rappresentare una scelta più conciliante a livello internazionale rispetto a Mojtaba Khamenei, fedele alle politiche intransigenti del padre.

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