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Bambini con due mamme: via libera della Consulta. La ministra Roccella: “Così si cancella un genitore dalla vita dei figli”

Bambini con due mamme: via libera della Consulta. La ministra Roccella: “Così si cancella un genitore dalla vita dei figli”

Corte Costituzionale

ROMA – L’avvocato Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, annuncia: “Sentenza storica, ottenuta dopo anni di battaglie giudiziarie in tutta Italia”. Cade infatti il divieto, previsto dalla legge 40 in materia di fecondazione assistita, per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione assistita praticata, in modo legittimo, all’estero. Dunque, il minore, d’ora in poi, potrà essere riconosciuto nel nostro Paese da entrambe le mamme: non solo quella biologica, ma anche da colei che, legata da una relazione affettiva con la madre biologica, ha condiviso il progetto di genitorialità, sostenendo la compagna nel ricorso alle pratiche di Pma effettuate all’estero.

L’avvocato Miri, legale delle due mamme dal cui caso è scaturita la pronuncia, sintetizza con poche parole la portata della decisione emessa oggi dalla Corte costituzionale. “Siamo molto felici, è un sogno che si avvera. Siamo un po’ frastornate, emozionate, non trovo le parole”, dichiara Glenda, una delle due mamme, residenti a Camaiore, che con la sua compagna ha due figli, entrambi nati dopo procedure di Pma all’estero.

“Fa certo piacere aver dato noi, con il nostro caso, per prime, la possibilità a tante famiglie che vivono situazioni del genere – aggiunge – ma cio’ che conta di più è di sicuro il risultato raggiunto”.

La causa giudiziaria era scaturita proprio dall’atto di nascita del secondo bambino, successivo alla circolare emanata dal ministro Piantedosi nel 2023 sulle trascrizioni di atti relativi a figli di coppie omogenitoriali. e legale delle due mamme dal cui caso è scaturita la pronuncia, a sintetizzare con poche parole la portata della decisione emessa oggi dalla Corte costituzionale: cade infatti il divieto, previsto dalla legge 40 in materia di fecondazione assistita, per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione assistita praticata, in modo legittimo, all’estero.

I giudici della Consulta hanno ‘bocciato’ l’articolo 8 della legge 40 del 2004: violati, secondo la Corte, i principi espressi dagli articoli 2, 3, e 30 della Costituzione, “per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile”, “per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale”, e perchè la norma in questione “lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli”.

La Consulta pone, in particolare, due rilievi: “la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla Pma per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi” e “la centralità dell’interesse del minore a che l’insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale”.

Critica Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunita’: “Cancellare per scelta dalla vita dei bambini il papà o la mamma, che nessuna tecnica riproduttiva potrà mai eliminare – ha dichiarato – resta un mutamento antropologico che non potremo mai considerare un progresso sulla via dei diritti, ma la sottrazione al bambino di uno dei suoi diritti fondamentali”.

La Consulta, oggi, si è anche pronunciata su un’altra questione inerente la legge 40: con una ulteriore sentenza, ha dichiarato “non fondate” le questioni sollevate dal tribunale di Firenze sul divieto per le donne single di accedere alla Pma. Per la Corte, tale divieto “limita l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata”.

I ‘giudici delle leggi’, però, hanno anche sottolineato che “non sussistono ostacoli costituzionali a una eventuale estensione, da parte del legislatore, dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati, e nello specifico alla famiglia monoparentale”. 

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