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Funerali di Primicerio: in chiesa anche Schlein, Renzi, Rosy Bindi. L’omelia di Gambelli

Funerali di Primicerio: in chiesa anche Schlein, Renzi, Rosy Bindi. L’omelia di Gambelli

I funerali di Mario Primicerio nella chiesa di Santo Stefano in Pane, a Firenze
(foto Toscana Oggi)

FIRENZE – Il saluto dei politici a un uomo prestato alla politica. Da Elly Schlein a Matteo Renzi, da Rosy Bindi alla sindaca Sara Funaro e al governatore toscano Eugenio Giani, chiesa di Santo Stefano in Pane a Firenze gremita per i funerali di Mario Primicerio, ex primo cittadino del capoluogo toscano dal 1995 al 1999.

A concelebrare le esequie l’arcivescovo fiorentino Gherardo Gambelli, il cardinale e suo predecessore Giuseppe Betori, e l’ex presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Presenti, tra gli altri, anche l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, il segretario del Pd fiorentino Andrea Ceccarelli, e l’ex parlamentare Rosa Maria Di Giorgi, la vicesindaca di Firenze Paola Galgani.

Alle spalle dell’altare è stato posizionato anche il gonfalone di Firenze in onore di Primicerio, professore e storico collaboratore di Giorgio La Pira, che per molti anni ha presieduto la fondazione dedicata al ‘sindaco santo’. A prendere la parola per un ricordo istituzionale di Primicerio la sindaca Sara Funaro e il governatore Eugenio Giani. 

Un lungo applauso e il suono delle chiarine di Palazzo Vecchio hanno accompagnato l’uscita dalla chiesa del feretro di Primicerio. In chiesa, ai piedi della bara era stata invece posta una fotografia e la bandiera della pace.

Presente anche l’imam Izzeddin Elzir, insieme a ex consiglieri comunali, dirigenti e assessori di Palazzo Vecchio, oltre ad esponenti del mondo civile, religioso, sociale fiorentino, con in primis la Misericordia di Rifredi. Oltre agli interventi di Giani e Funaro, hanno preso la parola per ricordare Primicerio anche la rettrice dell’Ateneo fiorentino Alessandra Petrucci e i vertici della Fondazione La Pira. 

L’omelia dell’arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli

Come viceparroco di questa parrocchia dal 1996 al 2007 ho avuto la possibilità di
conoscere bene Mario che frequentava questa chiesa, partecipando
assiduamente alla Messa, in particolare quella della domenica sera. Senza mai
sbandierare la sua fede, incontrandolo e ascoltandolo ho sempre avuto la
percezione viva della profondità del suo cammino interiore, sostenuto dalla
preghiera. Una preghiera che si nutriva dell’ascolto della Parola di Dio, dalla
quale traeva forza per compiere bene il bene.

La sua speranza, la sua profonda capacità di saper leggere e interpretare i segni dei tempi, nascevano dalla convinzione che tutte le parole di Dio si sono compiute e si compiranno
definitivamente in Gesù: “Finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà
un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto” (Mt
5,18). Sperare contro ogni speranza significava per lui, vivere la certezza che le
parole delle profezie dell’Antico Testamento, in particolare quelle di Isaia che
abbiamo ascoltato nella prima lettura non sono un’utopia: “Spezzeranno le loro
spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà
più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore” (Is 2,4-5).

Queste parole non sono un’utopia perché la Parola di Dio non “si usa” in maniera
spiritualistica per rassicurazioni a “basso prezzo”, ma – come sapeva Mario – va
vissuta “a caro prezzo” nel realismo della storia. La realtà è che – anche se il
tema è rimosso dai media e dal dibattito pubblico – viviamo sotto la spada di
Damocle della distruzione totale che le armi nucleari rendono ogni momento
possibile. Le parole di Isaia costituiscono allora una delle due alternative
possibili: darsi strumenti per risolvere le crisi e i conflitti internazionali e globali
con gli strumenti del dialogo e del diritto, oppure scegliere la via della guerra e –
mentre si annientano centinaia di migliaia vite e si seminano distruzioni, carestie
e odio – mettere a repentaglio la vita del pianeta. Lottare contro il riarmo e
operare per il disarmo, liberare risorse per la solidarietà internazionale e per la
costruzione di società giuste vuol dire fare spazio alla prospettiva di Isaia. Una
prospettiva possibile, a portata del nostro impegno e per la quale dobbiamo
confidare nella presenza amorevole di Dio!

Mario ha lavorato – come un operaio della prima ora e fino all’ultimo – in questa
prospettiva di Isaia, e lo ha fatto nelle grandi come nelle piccole cose. Fra le
grandi penso, ad esempio, al Forum per i problemi della pace e della guerra, al
suo impegno come Sindaco di Firenze, come Presidente della Fondazione La
Pira, ed anche – ultimamente – come membro del comitato scientifico dei
convegni dei vescovi del Mediterraneo; le piccole cose sono note ai piccoli e a
Dio ma costituiscono ora il tesoro più prezioso di cui Mario – questa è la nostra
speranza cristiana – gode nella pienezza della vita promessa a tutti noi.

Nel ringraziare il Signore per il dono della vita di Mario, vogliamo accompagnarlo,
così, con la preghiera più autentica che è quel culto spirituale di cui ci parla San
Paolo nella lettera ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di
Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo
il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi
trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà
di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,1-2).

Il testo delle beatitudini che abbiamo ascoltato nel vangelo di oggi è come una
biografia di Gesù: è lui il povero in spirito, l’afflitto, il mite, colui che ha fame e
sete di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace, il
perseguitato a causa della giustizia. Possiamo dire che Mario ha davvero saputo
accogliere questa straordinaria rivelazione di Dio in Gesù, lasciandosi amare da
Lui e ha capito che il modo migliore per progredire in questa esperienza, era
quello di trasmettere il dono ricevuto ad altri. Ciò lo ha fatto prima di tutto
nell’insegnamento.

La cattedra era per lui il suo altare in cui trasmetteva le sue
competenze con professionalità, ma anche con entusiasmo e passione.
Mi vengono in mente quelle parole di Papa Francesco nell’ultimo capitolo di
Evangelii Gaudium: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo
in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale
missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela
l’infermiera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nell’animo, quelli che
hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri. Tuttavia, se uno
divide da una parte il suo dovere e dall’altra la propria vita privata, tutto diventa
grigio e andrà continuamente cercando riconoscimenti o difendendo le proprie
esigenze. Smetterà di essere popolo” (EG 273). Mario è stato il maestro
nell’animo e poi il politico nell’animo, sempre attento alla fedeltà all’uomo creato
a immagine e somiglianza di Dio, senza la quale la preghiera e la vita spirituale
rischiano di diventare qualcosa di ipocrita.

Ricordo sempre con affetto una sua testimonianza su La Pira, durante un
incontro con un gruppo di giovani universitari a Villa Guicciardini. Ci parlò della
preghiera del sindaco santo, della raccomandazione che dava a tutti di pregare
tenendo vicino a sé il mappamondo e di una sua particolare e significativa
testimonianza. Una volta, parlando ai giovani entrò nell’argomento di Gesù che
discende agli inferi e dunque della forza ed efficacia del suo dono di salvezza per
gli uomini e le donne di tutti i tempi e di tutti i luoghi della terra. Guardandoli in
faccia disse loro: “Pensate, quanta forza ci vuole per salvare Adamo ed Eva, i
faraoni di Egitto, Napoleone…” Poi di colpo si fermò e dopo un attimo di silenzio,
abbassando una delle sue mani e rialzandola con un gesto lento e ampio, disse:
“Certo che una manina possiamo dargliela anche noi”.

Mario Primicerio sindaco, discepolo di La Pira, operatore di pace, attento ai
poveri, al mondo missionario. C’è un aneddoto riguardo al suo modo di
esercitare l’impegno politico come sindaco che ha il profumo di un fioretto. Mario
andava a Palazzo Vecchio in bicicletta (qualche volta con lo scooter, ovviamente
elettrico), saliva le scale per andare nell’ufficio del sindaco (la splendida sala di
Clemente VII) e se arrivando trovava il personale delle pulizie a dare il cencio in
terra riscendeva le scale, faceva il giro esterno di Palazzo Vecchio ed entrava da
Via della Ninna, saliva le scale per arrivare da un’altra parte, per rispetto a chi
dava il cencio in terra. Mario era anche questo!

Affidiamoci all’intercessione dei Venerabili Giorgio La Pira e Don Giulio Facibeni
perché Mario possa essere accolto nelle braccia misericordiose del Padre, e
perché possiamo sentirlo vicino a noi nella comunione dei santi, portando avanti
gli insegnamenti e gli esempi che ci ha trasmesso, in particolare quello dell’umiltà
nel servizio che ci rende davvero fecondi e vigilanti nell’attesa del giorno in cui il
Signore verrà per liberarci definitivamente dal peccato e dalla morte.

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