
TEL AVIV – Bombe in diretta sull’emittente statale iraniana Irib, portavoce degli ayatollah, a Teheran. La conduttrice, Sahar Emami, col capo coperto dal velo nero e blu, annuncia con concitazione di essere sotto un bombardamento nemico. Poi si sente una forte esplosione. Cadono calcinacci, detriti, si alza il fumo, blocchi di cemento crollano dal soffitto, lei scappa via dallo studio. Lo schermo si riempie di buio, si sente una voce gridare più volte: “Allahu Akbar”.
Filmati ripresi dall’esterno mostrano l’edificio in fiamme. Poco dopo la rete è tornata in diretta con Emami: “Quello che avete visto è un crimine palese del regime sionista sulla terra santa dell’Iran”, ha detto, “le nostre forze armate, risolute, continuano a percorrere la strada del nostro popolo innocente”. Nel mentre Benyamin Netanyahu, in un’intervista all’Abc, non ha escluso di volere l’eliminazione dell’ayatollah Ali Khamenei.
Alla domanda sul presunto veto del presidente Donald Trump, secondo cui l’uccisione della Guida Suprema dell’Iran aggraverebbe la situazione, il primo ministro israeliano ha risposto: “Non l’aggraverà, ma vi porrà fine”. Poi, è stato tutto un crescendo di minacce incrociate tra Iran e Israele. Poco tempo prima che i caccia dell’Iaf facessero cadere le loro bombe, era arrivato un messaggio di evacuazione in farsi dall’Idf per la popolazione che abita vicino al quartier generale dell’Irib.
Il ministro della Difesa Israel Katz ha anticipato l’attacco con una dichiarazione: “Il portavoce della propaganda e dell’incitamento iraniano sta per scomparire”. Successivamente l’esercito ha confermato ufficialmente l’attacco alla tv di Stato, spiegando che “il centro comunicazioni del regime è stato utilizzato dalle forze armate iraniane per promuovere operazioni militari sotto copertura civile”. Nel micidiale botta e riposta, le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno avvertito: “Si invitano i residenti di Tel Aviv a evacuare il prima possibile”.
E poi in serata l’avviso di evacuazione emesso da Teheran e rivolto ai canali di informazione israeliani N12 ed N14. I media statali hanno quindi avvisato che l’Iran si sta preparando per il “più grande e intenso attacco missilistico” contro Israele. Intanto sall’America il Wall Street Journal ha riferito che Teheran avrebbe segnalato la volontà di porre fine alle ostilità e di riprendere i colloqui sul nucleare, inviando messaggi a Israele e agli Stati Uniti tramite intermediari arabi. I diplomatici iraniani avrebbero detto di essere disponibili a tornare al tavolo delle trattative, a condizione che gli Usa non prendano parte ai raid dell’Iaf. Gerusalemme ha fatto sapere, ufficiosamente, di non saperne niente.
Ma la tensione è altissima, tanto da una parte che dall’altra. In serata Netanyahu ha rilasciato una dichiarazione live sul drammatico momento: “Abbiamo aperto un’autostrada nei cieli dell’Iran, li dominiamo. Siamo sulla strada verso la vittoria. Se qualcuno aveva dei dubbi, oggi non ne ha più. Anche gli iraniani lo capiscono”. E ha aggiunto: “Abbiamo colpito duramente l’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, distrutto un numero enorme di lanciatori: non importa quanti missili abbiano, importa il numero dei lanciatori distrutti. Gli iraniani avevano migliaia di droni: ne abbiamo eliminato la metà”.
Nel frattempo il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi ha scritto sul suo account X-net che “una sola telefonata del presidente Trump potrebbe porre fine agli attacchi contro l’Iran”. “Questa è l’unica cosa che può bloccare Netanyahu e aprire la strada alla diplomazia”, ;;precisando di non essere sicuro che “Trump faccia sul serio e sia interessato a porre fine alla guerra”. Intanto, nonostante il tono vittorioso delle parole di Bibi, il bilancio delle vittime e dell’estesa distruzione, registra una realtà che non si era mai vista prima in Israele.
Nella notte tra domenica e lunedì diversi missili iraniani hanno superato lo sbarramento dell’Idf colpendo al centro e al nord del Paese, provocando 8 morti (in totale 24 da venerdì notte) e circa 300 feriti. Che arrivano a oltre 600, di cui 10 in gravi condizioni, con quelli dei giorni scorsi. Non solo, in serata le autorità hanno dato il via libera per la pubblicazione: i tre uccisi a Haifa nella notte si trovavano negli impianti della compagnia Bazan, le raffinerie della città. Erano in una stanza interna considerata tra le più protette, ma il missile iraniano è esploso vicino causando un incendio. I lavoratori sono rimasti intrappolati e sono morti per asfissia a causa del fumo e del calore estremo generato dall’esplosione.