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Londra vuole la pace ma prepara la guerra. Starmer: “Mosca è una minaccia”. E rilancia i “sottomarini d’attacco”

Londra vuole la pace ma prepara la guerra. Starmer: “Mosca è una minaccia”. E rilancia i “sottomarini d’attacco”

Starmer abbraccia Zelensky a Londra (Foto d’archivio)

Il Papa parla ripetutamente di pace. Tutti invocano la pace. In Ucraina e a Gaza soprattutto. Ma la Gran Bretagna si riarma in maniera considerevole. Il primo ministro, Keir Starmer, parla della Russia come id un “pericolo reale”. Così, per scongiurare l’incubo risorgente della grande guerra in Europa, Londra si prepara a combattere, mentre già si è coinvolti di fatto in uno scenario bellico in Ucraina (seppur sotto forma di ‘proxy war’).

É il paradosso che il primo ministro Keir Starmer, laburista con l’elmetto, non teme di sfidare presentando la nuova strategia militare britannica, riveduta e corretta di fronte a un mondo descritto come sempre più instabile e pericoloso: un mondo in cui il nemico ritrovato, nella percezione di Londra come di altri alleati occidentali, ha in primis il volto della Russia di Vladimir Putin.

Alla cui “minaccia” il Regno Unito si dispone a rispondere – di qui a un decennio almeno – modernizzando i propri arsenali, incluso quello nucleare, ed evocando la nascita prossima ventura di un’intera flottiglia di “sottomarini d’attacco” nuovi di zecca. “La minaccia che abbiamo ora di fronte è più grave, più incombente e più imprevedibile che mai dalla Guerra Fredda”, ha sentenziato sir Keir dalla Scozia, sede della base di sommergibili che storicamente rappresentano l’unico deterrente atomico a disposizione di Londra, evocando “nuovi rischi nucleari, cyber-attacchi quotidiani, una crescente aggressione russa alle nostre acque, minacce ai nostri cieli”.

Oltre a “una guerra europea in corso” come quella in Ucraina, Paese a cui l’isola riafferma il suo sostegno “incrollabile”. Di qui la necessità di “cambiamenti fondamentali” per il Regno e le sue forze armate, illustrati nell’annunciatissima “strategia di difesa” rinnovata all’insegna di un appello patriottico al dovere e all’unità dei sudditi di Sua Maestà che richiama tempi da guerra guerreggiata.

“L’avvertimento” verso Mosca vuol essere esplicito, sottolinea John Healey, ministro della Difesa del governo attuale; mentre il vecchio lord George Robertson, suo omologo all’epoca di Tony Blair e poi ai vertici della Nato nel periodo a cavallo fra la guerra per il Kosovo e l’invasione dell’Iraq, allarga il bersaglio a un cosiddetto “quartetto mortale” formato da Russia, Corea del Nord, Iran e Cina (quest’ultima mai citata nero su bianco da Starmer).

Ma al di là della retorica e delle promesse non convince nemmeno l’opposizione Tory o i media filo-conservatori locali, che notano quanto il premier resti in realtà nel vago sulle risorse, a incominciare dall’impegno a incrementare le spese militari totali dal 2,5% del Pil fissato per il 2027 al 3%: target di bilancio rinviato per ora, e solo orientativamente, al 2034. Starmer in ogni caso giura sul raggiungimento di tre obiettivi cruciali: rendere il Paese “pronto al combattimento”; dare “valore aggiunto alla Nato” (destinata a restare “sempre al primo posto” come pilastro di un sistema di sicurezza ancorato al legame transatlantico fra Usa ed Europa e alla relazione speciale fra Londra e Washington); e infine “accelerare l’innovazione” della produzione bellica e del complesso militar-industriale “a ritmi da tempo di guerra”.

In concreto, si punta a realizzare sei nuove fabbriche di munizioni e armi; a creare un coordinamento “ibrido” in seno alla Royal Navy dotando la Marina di navi, sottomarini, ma pure di nuovi aerei (impegno dietro il quale il Times svela l’intenzione, al momento non ufficializzata, di estendere il deterrente nucleare al possesso di bombardieri non convenzionali); a costruire 12 nuovi sommergibili a propulsione atomica entro la fine degli anni 2030 in partnership con Usa e Australia nel quadro del patto tripartito Aukus; a ricreare una guardia nazionale; a investire negli anni 15 miliardi di sterline per l’arsenale nucleare e per un “programma nazionale di assemblaggio di testate missilistiche”; a istituire un comando ad hoc per il lancio di offensive informatiche contro imprecisate potenze ostili.

Il tutto mentre dalla Germania il generale Carsten Breuer, numero uno della Bundeswehr, accredita “un’analisi unanime dei servizi segreti occidentali, basata sull’osservazione della produzione di armi ma anche sulla crescita del personale in Russia”, secondo cui Putin potrebbe essere “in grado” di attaccare obiettivi Nato “dal 2029”.

E mentre il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Mark Rutte, riunendo a Vilnius i ‘falchi’ dei Paesi del fronte orientale, invoca a sua volta dagli alleati “misure” tali da garantire “la nostra prontezza alla guerra”.

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