
FIRENZE – Giovedì 19 giugno 2025 alle 20, in Sala Grande del Teatro del Maggio, debutta l’ultima opera lirica in programma per l’87° Festival del Maggio Musicale Fiorentino: Aida di Giuseppe Verdi, che da Firenze manca ormai dal tempo del vecchio Teatro Comunale. Sul podio della Sala Grande, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino il direttore emerito Zubin Mehta, che nel corso della sua carriera ha reso quest’opera una delle punte di diamante del suo repertorio verdiano.
Aida è Olga Maslova e Radamès è SeokJong Baek (che tornano al Maggio dopo il gran successo avuto l’anno scorso come Turandot e Calaf). Daniela Barcellona interpreta Amneris, la figlia del faraone – parte da lei sostenuta qualche pochi mesi fa nella produzione di Aida al Teatro Colón di Buenos Aires – e Daniel Luis de Vicente (Leon Kim nelle recite del 28 giugno e del 1º luglio) interpretano Amonasro. Completano il cast Simon Lim (Ramfis), Manuel Fuentes (Il Re), Suji Kwon (Una sacerdotessa) e Yaozhou Hou (Un messaggero). Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
Aida è una delle colonne portanti del repertorio di Zubin Mehta, che l’ha diretta più volte anche a Firenze: in occasione del 32° Maggio Musicale, nel 1969, con la regia di Carlo Maestrini e le scene e i costumi di Enrico d’Assia; durante la Stagione Estiva del 1996 per la regia di Lorenzo Mariani con le scene e costumi di Raffaele Del Savio; nella primavera del 2011 con la regia di Ferzan Özpetek e le scene di Dante Ferretti. Il direttore emerito del Maggio ha portato l’opera in tournée insieme all’Orchestra e al Coro del Maggio in Giappone nel 1996 e nel 2016 al Čajkovskij Concert Hall di Mosca.
Spiega Mehta: “Ritengo che Aida rappresenti un ponte fra la musica di Verdi e quella di Richard Wagner. Innanzitutto vi sono temi ricorrenti, come quello che risuona in orchestra, fin dal Preludio, quando appare Aida, che richiamano i Leitmotive wagneriani; siamo di fronte ad un’opera in cui Verdi ha ormai abbandonato quasi del tutto i numeri chiusi, a favore di scene sempre più ampie e complesse. Il terzo atto, per esempio, con il suo continuo fluire musicale è molto vicino al concetto wagneriano di melodia infinita: qui si concentrano infatti senza soluzione di continuità alcune delle tematiche di fondo dell’opera in una continua tensione drammatica e musicale. Senza un attimo di respiro assistiamo al concitato colloquio fra Aida e il padre Amonasro, con la giovane schiava lacerata dalla scelta fra l’amor di Patria e l’amore per il vincitore dei suoi compatrioti e il Re etiope divorato dall’ansia di vendetta; quindi il duetto Aida-Radames, con quest’ultimo a sua volta costretto a scegliere fra l’amore per Aida e l’abbandono della Patria; infine l’involontario tradimento del giovane guerriero, la gioia feroce di Amonasro e il consegnarsi di Radamès al Gran sacerdote Ramfis. E Verdi risolve questa materia drammaturgica e musicale con soluzioni veramente geniali, con una tensione assolutamente incandescente. Di fronte a sentimenti tanto contrastanti e a personaggi così profondamente scolpiti a livello psicologico, vien da sorridere a pensare che si è parlato così a lungo di Aida come di un’opera scritta per un’occasione celebrativa. Inoltre, credo sia sbagliato ‘schiacciare’ l’interpretazione di Aida solo sui grandi effetti spettacolari: pensiamo al duetto Amneris-Radamès all’ultimo atto, quando la figlia del Faraone offre al giovane guerriero la vita in cambio della rinuncia all’amore per Aida. I due sono soli, lontani da ogni clamore, e fra loro si svolge un dialogo in cui si scontrano sentimenti ancora una volta opposti: il desiderio di possesso e la gelosia di Amneris e l’affermazione della propria innocenza e dell’amore per Aida da parte di Radamès. E ancora la scena fra Aida e Radamès, quando la giovane schiava strappa all’amato, con abilità da “politica”, il segreto sul sentiero che le truppe egiziane percorreranno per piombare sul nemico etiope e poi lo invita a fuggire con lei lontano dalla patria. In entrambi i casi il dramma è tutto interiore, di personaggi lacerati nel loro intimo da passioni contrastanti. La grandezza di Verdi sta nel riuscire a fare “teatro” con questo scontro di sentimenti”.
Sicuramente, in questo allestimento caratterizzato da tinte e luci cupe, ripreso dalla “Bayerische Staatsoper” di Monaco (dove debuttò due anni fa), con regia di Damiano Michieletto, di effetti spettacolari “di routine” ce ne sono pochi; non c’è nemmeno l’antico Egitto, sostituito da «un “altrove” contemporaneo per raccontare i personaggi e la loro umanità, la psicologia e il dramma di chi vive la guerra», come spiega Michieletto, che aggiunge: «In questo allestimento, attraverso flashback, racconteremo quelle che sono le memorie del passato; le memorie anche della madre di Aida e il ricordo di Aida bambina insieme ai suoi genitori. Questi flashback – immaginari e ‘sognanti’ – saranno quelli che ci conducono alla fine della storia, dove lei raggiunge Radames nella tomba, un luogo cupo e buio dove entrambi saranno accolti da una vera e propria piramide di cenere; la cenere – precisa il regista – che è il simbolo della distruzione della guerra, la troveremo sparsa ovunque fin dall’inizio dell’opera. Desideravamo dare valore alla scelta di Aida di morire con Radames; ella sceglie di fare questo perché vuole coronare il suo sogno d’amore e dunque accanto a loro troveremo tutti coloro che sono già morti come il padre di Aida, gli amici; tutti si riuniscono in un’immaginaria ‘festa’ dove celebrano, sì, la morte ma lo fanno celebrando il loro amore. Sotto, sul proscenio, rimane Amneris che invoca il suo grido di pace: “pace, pace, pace!” che sono le ultime parole che rimangono di quest’opera e che forse è il messaggio che questa storia, dopo tutta la violenza e la guerra, vuol trasmettere: un messaggio di speranza».
Le scene sono di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti, la drammaturgia è firmata da Mattia Palma e i movimenti coreografici da Thomas Wilhelm. La proiezione video è curata da rocafilm | Roland Horvath.
Terzultima opera di Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, Aida debutta il 24 dicembre 1871 al Teatro dell’Opera del Cairo. Verdi aveva accettato la proposta del kedivè d’Egitto di comporre un’opera di soggetto egizio per l’inaugurazione del canale di Suez. Modellata secondo il canone del grand opéra per la presenza di un intreccio storico-politico, scene di massa grandiose e balli, Aida è anche un’opera di individui, primo tra tutti la protagonista.
Aida, ex principessa etiope ridotta al rango di ancella di Amneris, la figlia del faraone, è divisa tra l’amore che prova per il capo dell’esercito egiziano Radamès e l’amore per la patria, secondo un ben noto e collaudato cliché del melodramma italiano. Le ragioni del suo cuore cozzano infatti con la fedeltà dovuta al padre, il re Amonasro, che è pronto a marciare su Tebe per liberare la figlia dalla schiavitù. Tuttavia pur di rimanere al fianco dell’amato, Aida sceglie la morte, sepolta viva insieme al suo Radamès in uno dei finali d’opera più iconici del teatro verdiano.
Accolta trionfalmente al suo debutto, Aida a lungo l’opera più popolare di Giuseppe Verdi (basta vedere la frequenza dei nomi Aida, Amneris e Radamès nell’onomastica centrosettentrionale d’anteguerra). Generalmente ricordata per gli squilli, le fanfare, la marcia trionfale e le monumentali pagine corali, Aida è anche opera di momenti musicali estremamente rarefatti, tratteggianti con colori orchestrali preziosi e delicati, come nel finale.
Sono cinque le recite complessive in cartellone: giovedì 19, mercoledì 25 giugno e martedì 1°luglio alle 20; domenica 22 giugno alle 15.30 e sabato 28 giugno alle 17.
Solo ascolto: 10€ (solo in biglietteria prima dello spettacolo, a teatro pieno) Visibilità limitata: 15€ Galleria: 35€ Palchi: 45€ Platea 4: 65€ Platea 3: 75€ Platea 2: 90€ Platea 1: 110€ (repliche) Platea 1: 130€ (prima recita); biglietti in vendita anche direttamente sul sito del Maggio