
MILANO – Delitto di Garlasco, morte di Chiara Poggi: blitz dei carabinieri, oggi 14 maggio 2025, a casa di Andrea Sempio, dei genitori e di due amici, Mattia Capra e Roberto Freddi, nella nuova inchiesta. Le perquisizioni disposte dal Procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, con l’aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano sono partite all’alba.
I militari del Nucleo investigativo di Milano diretti dal comandante Antonio Coppola si sono recati a Voghera nella casa del 38enne indagato per la terza volta e sempre archiviato, a Garlasco nell’abitazione di padre e madre di Sempio e in quelle di due amici del fratello della vittima, Marco Poggi, ai quali era già stato prelevato “materiale biologico” da utilizzare nell’incidente probatorio al via venerdì.
Fra 48 ore la gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, conferirà ai periti della polizia di stato, Denise Albani e Domenico Marchigiani, il compito di confrontare i “campioni biologici e reperti” mai analizzati sulle unghie di Chiara Poggi con il profilo genetico di Sempio, dell’ex fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni come unico autore del femminicidio, e di altri uomini della “famiglia Poggi” o che “frequentavano abitualmente” la villetta di via Pascoli dove il 13 agosto 2007 la 26enne fu trucidata con un oggetto contundente dal bordo tagliente.
Proprio sull’arma del delitto, mai ritrovata, si sono concentrate le altre ricerche della giornata. Indiscrezioni hanno parlato di ricerche su un attizzatoio da camino di casa Poggi, sebbene le sentenze di condanna a Stasi abbiano indicato come più probabile un “martello da muratore” o una “forbice da sarto” e la madre della 26enne uccisa, Rita Poggi, abbia dichiarato che “l’attizzatoio non manca e non è mai mancato” dalla loro casa.
Uomini dell’arma e vigili del fuoco hanno battuto un canale nella zona di Tromello, piccolo comune confinante con Garlasco, nei pressi della ex villetta di proprietà della nonna delle gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara Poggi. Intendono dragare i fondali di un tratto di roggia dopo averla prosciugata alla ricerca dell’arma. A indirizzarli su questa strada ci sarebbe un ignoto ‘supertestimone’, intervistato due mesi fa da Le Iene in un video poi acquisito dagli inquirenti, che ha dichiarato di aver visto quella mattina una ragazza gettare un oggetto in un canale. Testimonianza che si salderebbe con una seconda, resa da un soggetto considerato dai giudici (incluso il gup Stefano Vitelli che assolse Stasi in primo grado nel 2009) inattendibile e confusa.
E’ quella di Demontis Muschitta che il 27 settembre 2007 dichiarò ai carabinieri che tra le 9.30 e le 10 del 13 agosto, percorrendo una traversa di via Pascoli, aveva visto “una ragazza con i capelli biondi a caschetto e con gli occhiali da sole indosso” su una “bicicletta nera da donna” con in “mano un piedistallo tipo da camino di colore grigio”.In un racconto “confuso e contraddittorio” anche rispetto alla data di questo avvistamento e di fronte alle domande sul perché avesse riferito una circostanza così importante a oltre un mese dall’omicidio, prima disse che la ragazza era “sicuramente la cugina bionda di Chiara Poggi” e poi di “essersi inventato tutto il racconto”. Finì anche indagato per calunnia.
Una serie di ‘misteri’ lunghi quasi 20 anni che fanno irritare gli avvocati di Sempio e della famiglia Poggi. A casa del 38enne non sarebbe stato “trovato nulla di rilevante” o “riconducibile” al delitto, spiega l’avvocata Angela Taccia che con il collega Massimo Lovati assiste Sempio. “Non cercavano nulla di preciso perché il decreto di perquisizione è molto, molto generico”. Le legale chiarisce anche che Sempio “non ha mai nemmeno conosciuto le gemelle Cappa” e quindi non si comprende come possa esistere un collegamento eventuale con loro, ad ogni modo non mai inquisite in 17 anni.
Per i difensori della famiglia Poggi invece la Procura di Pavia sta “valorizzando ipotesi stravaganti” che ricevono una “immediata diffusione sugli organi di stampa” e lo fa “ignorando quanto accertato in un giusto processo”: quello a Stasi, dove il 41enne è stato condannato sulla base di tutta una serie di elementi, come il paio di scarpe marca Frau numero 42 che combaciano con le impronte sulla scena del crimine, o l’aver omesso di indicare una bicicletta nera da donna nella sua disponibilità, peraltro non sequestrata all’epoca dall’ex comandante dei carabinieri di Garlasco, il maresciallo dei carabinieri Francesco Marchetto (poi condannato per falsa testimonianza).
Francesco Compagna, legale del fratello Marco Poggi, afferma che la famiglia “è rimasta ancora una volta basita per quanto sta accadendo” e che se anche “il nostro ordinamento attribuisce alle Procure un amplissimo potere in fase di indagini” non per questo “gli inquirenti possono collocarsi al di sopra della giurisdizione” o di sentenze passate in giudicato. Per Compagna “il rispetto per le persone coinvolte in una così tragica vicenda, e ora nuovamente esposte a sofferenze indicibili, richiederebbe a nostro avviso un maggior rigore nella valutazione dei dati probatori e nella tutela della riservatezza degli eventuali accertamenti ritenuti opportuni”.
Linea condivisa con lo storico legale dei Poggi, Gian Luigi Tizzoni, che in giornata ha smentito alcune notizie apparse sulla stampa e cioè di aver lavorato all’epoca dei fatti come avvocato per il padre delle sorelle Cappa, Ermanno Cappa. “Mai lavorato per lui – ha detto – perché all’epoca non aveva nemmeno uno studio, era il legale interno ad una banca e io non ho mai lavorato in banca”.