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Open, difesa Renzi: “Accusa rasa al suolo da Consulta e Cassazione”

Open, difesa Renzi: “Accusa rasa al suolo da Consulta e Cassazione”

Toghe

ROMA – “Per Matteo Renzi l’imputazione” a suo carico nel procedimento Open “è stata rasa al suolo dalle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione”. Lo hanno detto gli avvocati Giandomenico Caiazza e Federico Bagattini, difensori dell’attuale leader di Italia Viva, dopo aver chiesto il “non luogo a procedere” nella discussione all’udienza preliminare sull’inchiesta sulle presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier all’epoca in cui era segretario del Pd.

“L’imputazione per Matteo Renzi – ha affermato Caiazza durante una pausa dell’udienza che è a porte chiuse – è stata letteralmente rasa al suolo da tre sentenze della Corte di Cassazione che hanno dichiarato totalmente illegittimo il ragionamento in diritto sulla fondazione formulato dalla procura”.

Caiazza cita anche la sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito nel procedimento Open l’inutilizzabilità di alcune chat riferite a Renzi e sequestrate nei cellulari degli imprenditori Marco Carrai e Ugo Vincenzo Manes senza autorizzazione del Senato. La Consulta, spiega lo stesso difensore, “ha demolito l’impianto accusatorio, dichiarando inutilizzabili alcuni atti di indagine e costringendo i pm Luca Turco e Antonino Nastasi a muoversi tra le macerie”. L’udienza preliminare prosegue con le posizioni degli altri imputati. In tutto sono 11 tra cui Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’imprenditore Marco Carrai e l’ex presidente di Open, l’avvocato Alberto Bianchi. A vario titolo sono formulate le accuse di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio.

 “Non luogo a procedere” è anche la richiesta dei difensori degli altri dieci imputati all’udienza preliminare sulle presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la Fondazione nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex segretario Pd. Per la posizione di Alberto Bianchi, imputato, “tutto ruota attorno a una fattura da 750.000 euro che ha rilasciato per prestazioni professionali al gruppo Toto Costruzioni: secondo la procura è fittizia perché maschera il finanziamento alla Fondazione – spiega il difensore Antonio D’Avirro – In realtà, risulta dagli atti che Bianchi ha svolto effettivamente per anni attività di lavoro per il gruppo Toto”.

Alberto Bianchi, presente in aula, ha depositato una nuova memoria ad integrazione di un’altra precedente. Non occorre alcun processo nemmeno per l’avvocato Paola Severino, legale di Maria Elena Boschi. Severino ha insistito sul valore della sentenza della Corte costituzionale che nel luglio 2023 ha sancito l’inutilizzabilità nel procedimento Open di alcune chat riferite a Renzi che erano state sequestrate nei cellulari degli imprenditori Marco Carrai e Ugo Vincenzo Manes senza autorizzazione del Senato: “Non si può confondere il privilegio con la guarentigia – ha sottolineato -, che è una garanzia costituzionale fondata e riconosciuta dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione”. Al termine di un’udienza fiume, andata avanti dal mattino fino alle 18,30, il gup Sara Farini ha rinviato al prossimo 19 dicembre per la decisione.

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