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Papa Leone XIV: “Mai più guerra. Cessi il fuoco in Ucraina, Gaza, Kashmir”. E “auguri a tutte le mamme”

Papa Leone XIV: “Mai più guerra. Cessi il fuoco in Ucraina, Gaza, Kashmir”. E “auguri a tutte le mamme”

CITTA’ DEL VATICANO – Applauso scrosciante per il Papa, stamani, 11 m aggio 2025, in piazza San Pietro. Leone XIV è uscito sulla Loggia centrale delle Benedizioni della Basilica Vaticana affacciandosi per il suo primo Regina Coeli, la preghiera mariana che in questo periodo pasquale e fino alla Pentecoste sostituisce l’Angelus.

Grande l’applauso della folla di fedeli e tante le grida “Viva il Papa” all’uscita del Pontefice. “Cari fratelli e sorelle, buona domenica!”, le sue prime parole.  Il contesto non è secondario: la sua prima domenica da Vescovo di Roma cade nella Domenica del Buon Pastore, quarta del tempo pasquale, in cui il Vangelo di Giovanni presenta Gesù come colui che “conosce le sue pecore” e “dà la vita per loro”.

Papa Leone XIV non si limita a registrare la coincidenza, ma la interpreta teologicamente: “Considero un dono di Dio il fatto che la mia prima domenica sia quella del Buon Pastore”. È una chiave programmatica del suo pontificato: si presenta fin dall’inizio come un pastore chiamato a custodire, amare, ascoltare.

Il Vangelo, citato direttamente, non viene solo predicato: diventa la matrice del suo stesso ministero petrino. Uno dei cardini del discorso papale è il tema delle vocazioni, richiamato dalla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, celebrata in questa stessa domenica. Il Papa invoca la necessità di una Chiesa che sappia accogliere, ascoltare e incoraggiare i giovani nel discernimento, denunciando implicitamente la carenza di guide credibili: “La Chiesa ne ha tanto bisogno”, afferma con tono sobrio ma netto. Riprendendo il messaggio lasciato da Papa Francesco per l’occasione, Leone XIV rilancia l’urgenza di costruire comunità capaci di essere “pastori secondo il cuore di Dio”, dove i giovani possano trovare riferimenti reali e non idealizzati.

L’appello personale è diretto, senza fronzoli: “Ai giovani dico: non abbiate paura”, con un richiamo a una celebre invocazione di Giovanni Paolo II. In queste parole si coglie la volontà di coniugare la fedeltà al magistero recente con una nuova sensibilità pastorale: quella che si gioca nella vita concreta delle parrocchie, nei percorsi vocazionali vissuti con fragilità e speranza. 

Il momento più drammatico e profondo del discorso arriva con lo sguardo del Papa rivolto al mondo. Leone XIV ricorda l’80° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale – “l’8 maggio, dopo aver causato 60 milioni di vittime” – per leggere nell’oggi i segni inquietanti di una nuova escalation globale: “Nell’odierno scenario drammatico di una Terza Guerra Mondiale a pezzi, mi rivolgo anche io ai grandi del mondo, ripetendo l’appello sempre attuale di Papa Francesco: Mai più la guerra”.

L’appello del Papa non è generico: è nomi, ferite, urgenze. Parla dell’Ucraina e della “sofferenza dell’amato popolo ucraino”; della Striscia di Gaza, con parole durissime e umane insieme: “Cessi immediatamente il fuoco… siano liberati tutti gli ostaggi”.

Poi, una luce: il cessate il fuoco tra India e Pakistan, accolto con “soddisfazione” come segno concreto che la diplomazia può ancora avere spazio. Ma la domanda che segue – “Quanti altri conflitti ci sono nel mondo?” – lascia cadere sul pianeta intero il peso della coscienza. Il Papa affida tutto alla preghiera, ma non come evasione: invoca la Regina della Pace perché presenti questo appello al Signore, quasi in un gesto di intercessione estrema, ecclesiale e umana.

A chiusura, Leone XIV si fa pastore tra la gente. Saluta le bande musicali e gli artisti popolari, giunti per il loro giubileo, ringraziandoli per la””musica che allieta la festa del Buon Pastore”. Saluta i romani e i pellegrini.

E infine si rivolge alle mamme, in occasione della loro festa: “Mando un caro saluto a tutte le mamme con una preghiera per loro e per quelle che sono già in cielo”. Queste parole, semplici ma dense, restituiscono un Papa che vuole essere vicino, comprensibile, affettuoso, senza perdere l’intensità del suo ruolo. È un messaggio che attraversa l’intero discorso: non si governa la Chiesa con il distacco, ma con la prossimità. 

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