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Referendum: appelli al voto e all’astensione. La politica si divide

Referendum: appelli al voto e all’astensione. La politica si divide

Referendum: votare o non votare? La scelta è ovviamente politica. Così i partiti si dividono in vista dell’8 e 9 giugno. Il centrosinistra (Pd, M5S e Avs in testa, Renzi e Calenda non son o allineati con Schlein e compagni) e la Cgil puntano al raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritti al voto e alla vittoria di cinque ‘Sì’.

La maggioranza di centrodestra è allineata per disertare le urne e invita (quasi compatta) all’astensione i propri elettori come scelta politica. Fratelli d’Italia è stato il primo partito di governo a schierarsi apertamente per il non voto, ma anche Forza Italia e la Lega a stretto giro hanno espresso l’obiettivo di far fallire i referendum. “Non condivido nessuno dei quesiti”, le parole di Matteo Salvini.

A cui ha fatto eco il leader azzurro, Antonio Tajani: “Noi siamo per un astensionismo politico, non condividiamo la proposta referendaria”. Non si è ancora mai espressa ufficialmente, nonostante gli inviti dell’opposizione, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Mentre Noi moderati, invece, spinge per recarsi alle urne e per votare cinque no. Il dibattito politico si è concentrato quindi soprattutto sugli inviti all’astensione, lanciati dal centrodestra e critica dal centrosinistra.

Tra gli altri, il presidente del Senato, Ignazio La Russa ha detto in occasione di un’iniziativa di FdI a Firenze: “Continuerò a fare propaganda perché la gente resti a casa”. Una dichiarazione che ha scatenato le reazioni delle opposizioni. Entrando nel merito, il Partito democratico si schiera a favore di cinque sì, non solo sulla cittadinanza ma anche sui quesiti con al centro il tema del lavoro e, in particolare, l’aumento della sicurezza contro gli incidenti mortali e l’abrogazione delle disposizioni in materia di tutele crescenti, licenziamenti e contratti a termine.

I Cinquestelle spingono per il sì ai quattro referendum sul lavoro e lasciano libertà di scelta per quanto riguarda la cittadinanza, anche se il leader Giuseppe Conte voterà a favore anche per quest’ultimo quesito. Anche Alleanza Verdi e Sinistra sposa la linea dei cinque sì così come la Cgil guidata da Maurizio Landini, che è fra i promotori della battaglia referendaria.

Italia viva e Azione, invece, si differenziano almeno in parte. Matteo Renzi, in particolare, spiega così la propria posizione: “No all’abrogazione sui due quesiti che riguardano il Jobs act, quello sui licenziamenti e quello sulla reintroduzione delle causali nei contratti a termine. Sulla responsabilità solidale delle aziende negli appalti e sulla rimozione del tetto all’indennizzo nelle piccole imprese stiamo parlando di riforme che non sono del mio governo: lasceremo libertà di voto. Infine, sul dimezzamento da 10 a 5 anni del periodo di residenza necessario per chiedere la cittadinanza italiana voteremo sì, per dare più diritti, ma anche più doveri a chi vive e lavora nel nostro Paese”.

Il partito di Carlo Calenda si schiera poi per il no ai quesiti sul lavoro e per il sì a quello sulla cittadinanza. +Europa voterà, invece, a favore di quest’ultimo quesito, di cui è fra i promotori, e di quello sulla sicurezza sul lavoro, mentre è orientato per il no sugli altri referendum. POL NG01 lrs/gir 011230 GIU 25

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