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Maggio Musicale Fiorentino: il volume per Giacomo Puccini

Maggio Musicale Fiorentino: il volume per Giacomo Puccini

FIRENZE – Dopo Emanuele Luzzati (2022) e Franco Zeffirelli (2023), il Maggio Musicale Fiorentino celebra Giacomo Puccini, venerdì 21 febbraio nel foyer di galleria del Teatro del Maggio (Piazza Vittorio Gui), dedicandogli un volume in cui sono raccolti e narrati dieci degli spettacoli che hanno segnato la storia del Maggio, a partire dalla celeberrima Turandot con le scene e i costumi di Umberto Brunelleschi a quella, non meno celebrata, messa in scena nel 1997 da Zhang Yimou e nuovamente ripresa, con uguale successo, ancora nell’86° Maggio Musicale nel 2024 (con un’infilata di “tutto esaurito” a ogni recita).

Una selezione per tentare una narrazione della fortuna dell’opera di Giacomo Puccini lungo il Novecento, attraverso quegli spettacoli che hanno maggiormente segnato la storia del Maggio Musicale, in un rapporto non scontato ma imprescindibile, come dimostrano gli oltre 170 allestimenti fiorentini di titoli pucciniani, con un risultato superato solo da Giuseppe Verdi.

Ecco che, al netto dei numeri, la rilettura dell’opera pucciniana trovò a Firenze uno dei suoi luoghi d’elezione, proprio a partire dall’assunto che voleva il Festival come un luogo dedicato alla riscoperta dei grandi capolavori anche attraverso un rinnovato dialogo tra le arti visive e la musica. Ed è seguendo questa lunga scia che nel mare magnum del Puccini al Maggio sono stati selezionati dieci allestimenti – fittamente ricostruiti e discussi attraverso i saggi di Maria Alberti, Daniele Galleni, Michele Girardi, Didier Pieri, Manuel Rossi e interviste a Pier Luigi Pizzi e Zubin Mehta – che sono apparsi particolarmente rilevanti per tratteggiare una storia dell’interpretazione pucciniana a Firenze, prendendo le mosse proprio dalla Turandot del riscatto di Umberto Brunelleschi (1940), per poi passare a quella messa in scena da Luigi Squarzina e Pier Luigi Pizzi nel 1971, giungere alla doppia Fanciulla del West (Malaparte/Soffici nel 1954 e Bussotti venti anni dopo), le pittoriche Madama Butterfly (1979) e Manon Lescaut (1985) allestite da Pier Luigi Samaritani (meravigliose), il “Trittico” cinematografico del 1983 per poi giungere al doppio punto di svolta rappresentato dalla Tosca «fascista» di Jonathan Miller (1986) seguita pochi anni dopo da Bohème (1994), anch’essa posposta nel tempo.

Una fitta rassegna che può fungere anche da cartina al tornasole per comprendere quanto lungo il Novecento sia mutata la percezione e la fruizione delle opere di Giacomo Puccini, in una più ampia e doverosa riabilitazione culturale e intellettuale che pare procedere parallelamente a quella critica e musicologica.

Ingresso libero.

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