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Guerra Israele-Iran: Trump muove i bombardieri B-2. “Non aspetteremo due settimane”

Guerra Israele-Iran: Trump muove i bombardieri B-2. “Non aspetteremo due settimane”

Un bombardiere B-52 (Foto d’archivio)

WASHINGTON – Ore drammatiche nel mondo. Donald Trump riconvoca il Consiglio di sicurezza nazionale alla Casa Bianca e mostra i muscoli muovendo i B-2 nelle due settimane di ultimatum concesse agli iraniani per vedere “se rinsaviscono”.

Ma i dirigenti israeliani hanno già fatto sapere alla Casa Bianca di non voler aspettare così tanto e che potrebbero agire da soli prima della scadenza, in particolare per colpire Fordow, come scrive la Reuters citando due fonti, che parlano di una telefonata tesa giovedì scorso. Tra i partecipanti israeliani alla chiamata figuravano il premier israeliano Benyamin Netanyahu, il ministro della Difesa Israel Katz e il capo militare Eyal Zamir.

Per gli Usa il vicepresidente JD Vance (oltre al capo del Pentagono Pete Hegseth), il quale avrebbe replicato che gli Stati Uniti non dovrebbero essere direttamente coinvolti, insinuando che gli israeliani stanno trascinando Washington in guerra: una conferma delle divisioni esistenti all’interno delle amministrazioni tra isolazionisti e interventisti.

Dalla base aerea di Whiteman, in Missouri, si sono levati in volo sei bombardieri B-2, gli unici capaci di trasportare la Massive Ordnance Penetrator, la sola bomba in grado di distruggere l’impianto nucleare sotterraneo iraniano di Fordow. La destinazione sarebbe l’isola di Guam, territorio statunitense nel Pacifico Occidentale.

Gli “Spirit” sono praticamente invisibili anche ai radar sofisticatissimi, ma il loro volo pare certificato dai dati del traffico aereo di 8 grossi velivoli cisterna che sono di solito deputati a rifornirli in volo. A rivelarli sui social sono stati ricercatori Osint (Open Source Intelligence), che investigano dati di tracciamento dei voli, immagini satellitari e comunicazioni militari americane. Sono gli stessi ‘flight trackers’ che ad aprile avevano già scritto (correttamente) dei B-2 schierati nella base Diego Garcia durante la campagna di bombardamenti contro gli Houthi. Aerei che sembrano poi aver abbandonato la regione.

Ogni bombardiere stealth B-2 (gli Usa ne hanno 21) può trasportare due bombe bunker buster da 30 mila libbre (1.360 kg), in grado di colpire sino a una profondità di circa 60 metri. La mossa, come hanno spiegato alcune fonti del Pentagono alla Cnn, non significa che è stata presa la decisione di attaccare, ma è sicuramente una dimostrazione di forza e uno strumento di deterrenza. In queste circostanze, sottolineando, non è inusuale mettere gli asset militari in posizione per fornire “anytime” qualsiasi opzione al commander in chief, anche se poi non vengono utilizzati.

Nel frattempo Axios ha rivelato che Trump e Recep Tayyip Erdogan hanno cercato segretamente di organizzare un incontro tra alti funzionari statunitensi e iraniani a Istanbul questa settimana. Ma il tentativo, partito da una telefonata del presidente turco lunedì scorso mentre The Donald era al G7 canadese, è fallito quando la guida suprema dell’Iran Ali Khamenei – introvabile nella sua clandestinità per il timore di essere assassinato da Israele – non è stata in grado di approvarlo.

Lo sforzo illumina però fino a che punto il tycoon stia spingendo per un incontro diretto con gli iraniani, tanto che si sarebbe offerto persino di partecipare di persona, se necessario. Nella speranza di raggiungere un accordo sul nucleare ed evitare l’intervento militare statunitense, mentre centinaia di americani fuggono dall’Iran.

Nelle ore precedenti la chiamata di Erdogan, Trump aveva ricevuto – attraverso altri canali segreti – “segnali” dagli iraniani, che desideravano incontrarsi con gli Usa, come ha ripetuto anche venerdì dicendosi scettico sulla mediazione europea in corso. Il commander in chief intanto emargina sempre di più Hegseth e la direttrice della National Intelligence Tulsi Gabbard dalle decisioni sull’Iran, affidandosi a un gruppo ristretto di persone: il suo vice JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, l’inviato Steve Witkoff, il capo della Cia John Ratcliffe, i generali a quattro stelle Erik “The Gorilla” Kurilla (Comando Centrale) e Dan “Raisin” Caine (capo degli Stati Maggiori Riuniti).

La Casa Bianca ha persino bocciato il candidato del Pentagono – appoggiato da Gabbard – per guidare la National Security Agency (Nsa) e lo U.S. Cyber Command. Ma la rottura più clamorosa è con la numero uno degli 007, sconfessata pubblicamente due volte questa settimana dal presidente, che ha inferto un nuovo colpo alla credibilità dell’intelligence Usa.

“Si sbaglia”, ha detto il tycoon riferendosi alla sua testimonianza di marzo al Congresso, dove aveva escluso che Teheran stia costruendo una bomba atomica. Gabbard ha fatto subito dietrofront e si è allineata: “I media disonesti stanno intenzionalmente estrapolando la mia deposizione dal contesto e diffondendo notizie false per alimentare la divisione. L’America ha informazioni di intelligence che l’Iran è al punto di poter produrre un’arma nucleare entro poche settimane o mesi, se decide di finalizzare l’assemblaggio. Il presidente è stato chiaro che non può accadere, e sono d’accordo”. Chi non lo é, rischia di uscire dal cerchio magico.

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