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Consigli di lettura: Mazzolino, pittore delle “tragedie in onice e in pietra dura”

Consigli di lettura: Mazzolino, pittore delle “tragedie in onice e in pietra dura”

Saggio della studiosa Tazartes fa luce sull’artista ferrarese a lungo dimenticato

Firenze, 28 aprile 2025 – La perdita di opere importanti, la scarsità di letteratura critica e di fonti documentarie, hanno lasciato in ombra Ludovico Mazzolino (Ferrara, 1480 ca. – 1528 ca.) rispetto ad altri artisti ferraresi. Tornato tuttavia alla ribalta in occasione di recenti studi e mostre, l’estroso pittore ha oggi una nuova monografia, di cui è autrice la storica dell’arte Maurizia Tazartes. Il saggio illustrato è pubblicato dall’editore Mauro Pagliai all’interno della collana «Gli artisti raccontati nel loro tempo», curata dalla stessa Tazartes, ed è intitolato Ludovico Mazzolino. Pittore eccentrico nella Ferrara estense (pp. 168, 66 tav. col. f.t., euro 20).
Che Ludovico non fosse pittore da passare inosservato lo aveva intuito Giorgio Vasari, che lo cita come discepolo di Lorenzo Costa. Sarà poi Roberto Longhi a sottrarlo alle nebbie dei secoli, ricordando come “il Mazzolino inasprisce il grottesco in un nuovo divertimento inumano, nei suoi drammi pieni di strida soltanto, ma senza una lacrima; tragedie in onice e in pietra dura”. Dotato di una forte personalità, eccentrico, visionario, con quei suoi vecchi dalle grandi barbe, quei volti femminili subito riconoscibili, quelle composizioni curiose e grottesche, quei paesaggi che anticipano i nordici del Seicento, il ferrarese è un abile creatore di tavole dipinte, quasi un miniatore, dal linguaggio originale. A sessant’anni dall’unica monografia a lui dedicata, curata da Silla Zamboni e ormai introvabile, Maurizia Tazartes propone un percorso completo, dalla giovinezza alla maturità fino alla precoce fine, attraverso svolte culturali e nuove tematiche, dall’iniziale formazione su de’ Roberti, Costa, Boccaccino alle influenze di Dürer e Giorgione, dagli scambi con Dosso sino a Raffaello e oltre. Si colmano lacune, grazie a studi d’archivio e analisi di opere, comprese quelle andate perdute come gli affreschi di Santa Maria degli Angeli (1504-1508). Il tutto senza dimenticare il vivace contesto estense in cui il pittore lavora: la città di Ferrara che, sotto la guida di Ercole I e poi Lucrezia d’Este, era tornata ad essere una delle più sfarzose e importanti d’Italia.

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