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Moda in crisi: gli italiani spendono meno, ma non rinunciano allo stile

Moda in crisi: gli italiani spendono meno, ma non rinunciano allo stile

Il settore della moda, con tutta la sua filiera è strategico sia per la nostra regione che per il Paese. Il 2023 non è certo stato un anno facile, la crisi della moda si è fatta sentire e dopo la prima ripresa post covid i dati sono tornati a contrarsi e ad avere il segno meno davanti. Ovviamente tutti i comparti del settore ne hanno risentito a cascata, dalla produzione fino al commercio dei prodotti legati all’abbigliamento. Pensiamo dunque sia importante analizzare questa crisi da più punti di vista. Iniziamo oggi con il provare a capire cosa stia succedendo al mondo del commercio, ma soprattutto a dar voce ai consumatori e capire se l’abbigliamento è ancora importante per gli italiani. Gli italiani stanno abbandonando la loro voglia di usare capi di moda, di acquistarli e indossarli? Come si comportano rispetto agli anni scorsi e come cambiano le modalità di acquisto?

Con salari che non crescono e un’inflazione che ha segnato l’andamento dell’economia negli ultimi anni, il potere di acquisto delle famiglie è diminuito e questo ha comportato una diminuzione di spesa anche nel settore dell’abbigliamento. Dopo una ripresa nel 2021 e 2022, dopo gli anni del COVID, il 2023 ha registrato il -5,6% sull’anno precedente in spese per abbigliamento, accessori e calzature; sono 3,6 miliardi in meno, rispetto al 2019 ne mancano 3,8

Le famiglie italiane nel 2023 hanno speso circa 103 euro al mese in abbigliamento, il 38% sono abiti femminili, il 31% maschili, le calzature contribuiscono alla spesa per il 10%. La terza voce di spesa, prima ancora degli accessori e degli abiti da bambini, sono i servizi. Lavanderia, sartoria, riparazioni, noleggio abiti, contribuiscono alla spesa per il 4%.

Nonostante il rallentamento e la crisi del settore, gli italiani continuano a dare molta importanza alla moda. In Italia, la spesa delle famiglie in abbigliamento, accessori e calzature rappresenta il 5,7% del bilancio familiare, la media europea si ferma al 4,3%, sopra di noi per spesa in abbigliamento solo Romania e Estonia.

Vestirsi bene vuol dire anche “darsi un tono”, i grandi marchi della moda, le famose griffe, rappresentano per molti italiani uno status symbol. Gli abiti firmati sono al terzo posto, dopo auto di lusso e yacht, se si chiede agli italiani cosa fa più status.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita molto importante del commercio on line, sono ormai tantissimi gli italiani che si servono dei siti internet per acquistare anche l’abbigliamento. La vendita in negozio è ancora maggioritaria nelle abitudini degli italiani, il 42% infatti continua a recarsi presso le vetrine, ma è ormai ampia la fetta del commercio online, il 39% dichiara di comprare spesso o molto spesso abbigliamento tramite siti, e nella stragrande maggioranza dei casi con consegna a domicilio. Sono tanti gli italiani che usano sia l’online che l’acquisto in negozio, spesso è un mix dei due comportamenti. I commercianti, oggi, devono anche essere capaci di avviare una vendita on line efficace, innovazione che per molti vuol dire anche formazione e investimento, oltre ad avere la capacità di intercettare i cambiamenti di abitudini dei potenziali clienti.

C’è un dato che stupisce, la crescita esponenziale del mercato dell’usato. Nel 2023 più di un italiano su due, il 56%, dichiara di comprare abitualmente usato di moda, il 16% dice di farlo spesso o molto spesso. Sono maggiormente i giovani che decidono di acquistare usato. La crescita dell’utilizzo degli abiti usati è data sia da fattori economici che da una crescente attenzione e sensibilità nei confronti della sostenibilità ambientale.

Dati ancora più negativi arrivano se si analizzano i numeri che riguardano le imprese di commercio del mondo dell’abbigliamento. Nel 2023 l’Italia registra 8.666 attività in meno rispetto al 2019, pari al 7,7% dei negozi. Le percentuali di chiusure arrivano oltre il 20% per pellicce, pelletteria, cappelli, ombrelli, guanti e cravatte, ma sono in diminuzione anche i negozi di calzature e gli articoli per bambini. Crescono invece le confezioni per adulti con un +8,9 rispetto al 2019.

La contrazione nella vendita dei prodotti del comparto moda non dipende da un cambio di interessi degli italiani, quanto da una reale difficoltà nella possibilità di spesa delle persone.

Sono però a rischio moltissime attività importantissime per tutto il settore, in quanto rappresentano i principali diffusori attivi della cultura della moda, oltre a dare molti posti di lavoro, nei negozi italiani lavorano 427.000 occupati.

Il commercio nel settore dell’abbigliamento è una componente fondamentale del terziario italiano che oggi è il 60% della nostra economia, il 2023 rappresenta un campanello d’allarme forte che interrompe la ripresa post covid. Il 2024, con il rallentamento dell’inflazione, dovrebbe aiutare la tenuta dei consumi del comparto moda anche se le famiglie continuano ad essere prudenti.

Fonte dati: Ufficio studi Confesercenti

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