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“Nostro figlio non è un reato”. La storia di una famiglia arcobaleno felice grazie alla GPA all’estero

“Nostro figlio non è un reato”. La storia di una famiglia arcobaleno felice grazie alla GPA all’estero

Il Parlamento Italiano pochi giorni fa ha approvato una legge che rende la gestazione per altri un "reato universale". Un provvedimento che appare essere ideologico, di posizionamento politico, considerando che in Italia questa pratica medica è già reato dal 2004, con questa legge il reato si estende anche a chi la pratica all'estero e poi richiede la registrazione di figli in Italia, rischiando una pena fino a due anni di reclusione e multe fino a un milione di euro.

Non è ancora chiaro come si applicherà la norma. Il codice penale italiano prevede strumenti per punire chi compie reati previsti dall’ordinamento italiano all’estero, ma questa legge ha molte incongruenze giuridiche e non si sa ancora come potrà avvenire l’avvio di un’indagine, la raccolta delle prove e di fatto la costruzione dell’accusa. Questo si stanno chiedendo anche decine di coppie che hanno iniziato il percorso e stanno per avere figli dalle donne gestanti all’estero, in uno dei tanti Paesi in cui la gestazione per altri è legale, normata e con l’applicazione di importanti tutele per la coppia e per le donne che fanno la scelta di essere gestanti.

In Italia ogni anno molte famiglie ricorrono alla GPA, nella stragrande maggioranza dei casi si stratta di famiglie eterosessuali che fanno ricorso a questa pratica per l’impossibilità di avere figli, spesso causata da motivi medici come tumori o patologie.

Seppur in quantità statisticamente inferiori la GPA è stata uno strumento che ha dato la possibilità, anche a molte coppie della comunità LGBTQIA+, di avere un figlio e coronare il sogno di genitorialità.

Cristiano ha 48 anni, vive a Prato insieme a Massimiliano da più di 17 anni, si sono uniti civilmente nel 2022 e sono diventati genitori grazie alla gestazione per altri solidale e altruistica in Canada. Il loro percorso è iniziato circa 6 anni fa, dopo qualche anno di conoscenza con Sarah, la loro portatrice. Hanno deciso di iniziare questa avventura che nel giugno del 2022 ha fatto arrivare Tommaso, loro figlio.

Oggi, Cristiano, Massimiliano e il piccolo Tommaso vivono in un appartamento di Prato con il gatto Yra. L’appartamento è vicino ai nonni di Tommaso che lo adorano e aiutano i genitori come tutti i nonni fanno.

Abbiamo parlato di tutto questo con Cristiano, uno dei padri. La conoscenza prima di ogni opinione è fondamentale, conoscere il perché di una scelta, cosa avviene negli altri Paesi, quali emozioni e sensazioni ci sono dietro a un percorso che comunque è molto complesso e faticoso.

Quando avete sentito e come si è manifestato il desiderio di diventare genitori?

Abbiamo conosciuto per la prima volta la gestazione per altri guardando una puntata di Piazza Pulita su La7. Formigli dedicava una puntata alla gestazione per altr, in studio c’era una coppia che raccontava la loro esperienza e come sono riusciti ad essere genitori. Io e il mio compagno ci siamo guardati negli occhi senza dirci niente, entrambi abbiamo pensato che forse una possibilità c’era. Sapevamo bene che per noi l’adozione non poteva essere una possibilità, in Italia nemmeno questa è consentita alle coppie dello stesso sesso. Nella stessa intervista di Formigli si parlava dell’associazione Famiglie Arcobaleno. Abbiamo tenuto tutto nella nostra mente, tutto quello che avevamo sentito, ma il pensiero non ci abbandonava mai, volevamo diventare genitori.

Quali sono stati i primi passi? Che tipo di informazioni avete cercato? 

La prima cosa è stata quella di prendere contatti con l’associazione Famiglie Arcobaleno, avevo prima guardato online la loro pagina e mi ero informato un po', poi mi sono iscritto e abbiamo iniziato a partecipare alle varie iniziative. Abbiamo conosciuto molte altre coppie di papà e mamme e riempivamo loro di domande. E’ stata soprattutto la conoscenza degli altri e le informazioni che ottenevamo frequentandoli che ci hanno fatto capire come poter fare il primo passo e convincerci che era il percorso che volevamo.

Qual’ è stata la vostra esperienza con il Canada? Quali norme ci sono e come funziona la GPA in quel Paese?

Abbiamo scelto il Canada. In quegli anni la GPA era consentita negli Stati Uniti e nel Canada. Abbiamo pensato che il Canada fosse il Paese più vicino a noi come coppia, come modo di vivere e di pensare, un paese molto meno frenetico e consumistico rispetto agli Stati Uniti. In Canada ci sono norme molto chiare che regolano la GPA, le gestanti sono volontarie e non possono ricevere soldi dalla coppia, ma solo rimborsi spese per tutto quello che deve essere sostenuto durante la gravidanza. Si crea un profilo di coppia in cui si racconta chi siamo, dove abitiamo, che lavoro facciamo. Nel profilo c’erano anche i familiari, abbiamo scritto dei nostri genitori e del loro pensiero sulla nostra scelta, abbiamo fatto dei video in cui ci facevamo conoscere e ci siamo raccontati. Tutto questo viene messo su un portale che le gestanti in maniera autonoma possono consultare e scegliere la coppia che più gli trasmette fiducia, si crea un rapporto, un’alchimia. Sarah, la nostra gestante ci ha scelto dopo due anni e da lì è iniziato il nostro percorso in Canada.

Come è stato il periodo della gravidanza?

Le prime settimane sono giorni di ansia, non si sa mai come possa andare una gravidanza finché non passa un po' di tempo, la distanza in questo non aiuta e attendevamo qualsiasi notizia con apprensione. Quando lei ha fatto la seconda ecografia per monitorare il battito, noi eravamo in diretta collegati via zoom, proprio nel momento in cui questa avveniva, per la prima volta abbiamo sentito il battito di nostro figlio. Un’emozione indescrivibile. Sarah capiva perfettamente le nostre ansie e preoccupazioni, ogni giorno ci scriveva e ci tranquillizzava. Durante le dirette in occasione delle visite e delle ecografie i sanitari si rivolgevano sempre anche nei nostri confronti, spiegandoci tutto e rendendoci partecipi, da subito siamo stati trattati da padri. Quando abbiamo volato in Canada, Sarah ci è venuta a prendere con il marito, siamo stati molto tempo insieme e le abbiamo toccato la pancia con nostro figlio dentro. Al parto eravamo lì, vicino alla sala parto ad aspettare, le infermiere passavano per tranquillizzarci. E’ stato il marito di Sarah a portarcelo nella culla dopo la nascita, abbiamo preso in braccio per la prima volta Tommaso, dopo qualche minuto eravamo nella stanza di Sarah, ci siamo abbracciati e finalmente eravamo genitori di un bellissimo bambino. Avevamo preso un piccolo appartamento in Canada e dopo l’ospedale ci siamo trovati da soli con Tommaso, è stato bellissimo, ma Sarah non ci ha mai abbandonato, ci aiutava sia lei che la figlia che aveva 25 anni. Il periodo in Canada è stato davvero molto bello, ci siamo sentiti accolti, ma abbiamo sentito presto il bisogno di tornare in Italia. I nonni volevano conoscere Tommaso, così come tante persone che ci vogliono bene. Abbiamo però trovato tanto affetto e sostegno anche da tantissime persone in città, ci siamo sentiti accolti. La gente capisce e nella maggior parte dei casi non fa parte di quella narrazione ideologica che il governo propone. 

Vostro figlio in cosa ha meno tutele e diritti nella vita quotidiana in Italia?

Nostro figlio al momento in cui è nato non ha avuto da subito gli stessi diritti. Nel nostro caso sono passati mesi, ma a volte passano anni perché entrambi i genitori siano riconosciuti. I nostri figli non sono riconosciuti alla nascita, ma devono per forza passare dalla stepchild adoption, adozione speciale del figlio. Quindi è necessaria una sentenza del tribunale in cui si dichiara che anche il genitore intenzionale e a tutti gli effetti genitore. Se questo non avviene il figlio ha solo il genitore biologico, l’altro non può fare per il bambino nemmeno le cose più banali, come andare a prenderlo all’asilo senza una delega del genitore, non può accompagnarlo al pronto soccorso senza il consenso informato del coniuge. Tutto questo porta a una continua discriminazione, nella vita quotidiana il bambino ha due padri, ma da un punto di vista amministrativo ne ha soltanto uno. Di fatto si creano figli di serie A e figli di serie B, anche se il bambino nasce per volontà di entrambi, volontà che se non ci fosse stata, non sarebbe mai nato.

 Il parlamento italiano ha legiferato sulla GPA rendendolo reato universale. Come vi sentite oggi? Quale è la vostra posizione anche in base al vostro percorso?

Oggi ci sentiamo ancora più discriminati di ieri. Siamo addirittura colpevoli di un reato universale e nostro figlio è letteralmente il corpo del reato. Temiamo molto lo stigma sociale che ricadrà su nostro figlio agli occhi di molte persone, sarà visto come il frutto di un reato universale, al pari del genocidio, della pedofilia, dei reati di guerra o di falsificazione del conio monetario. Vogliamo contrastare questa legge, nata da un racconto falso e scorretto della GPA, da una discussione dentro e fuori al Parlamento che non ha nulla a che fare con la realtà e che non rappresenta le nostre famiglie. Non c’è nessuna mercificazione del corpo della donna, nessun sfruttamento, al contrario c’è la libertà e la possibilità di scelta. Sarah ha portato in grembo nostro figlio per 9 mesi, non avremmo mai potuto concepire alcuna forma di sfruttamento o malessere alla donna che ha costruito con noi un atto di amore così forte. Noi tutt’oggi abbiamo un ottimo rapporto con Sarah. Proprio lei il giorno dopo in cui è stata approvata la legge mi ha subito scritto un messaggio con questo testo: “non riesco a capire cosa stia succedendo da voi. Io non mi sono mai sentita sfruttata e rifarei quello che ho fatto altre mille volte”. C’è una narrazione tossica, distorta, falsa rispetto alla GPA e alle nostre famiglie. Quasi tutte le famiglie come la nostra tengono ancora rapporti con la gestante, e spesso anche con tutta la loro famiglia, creare un buon rapporto di fiducia e stima è fondamentale. I nostri figli sapranno sempre come sono venuti al mondo, per noi non esiste la possibilità, come per le coppie eterosessuali di non raccontare mai quello che è accaduto. I nostri figli sanno tutta la verità e spesso, come nel nostro caso hanno anche un ottimo rapporto con la donna che li ha concepiti. Noi non neghiamo l’origine al bambino e non è pensabile chiudere i rapporti con una donna che hai conosciuto e frequentato per tutti i mesi della gravidanza da cui è nato nostro figlio, questo è solo nella testa di chi non vuol capire e chi vuole darci contro.

Toscana, terra di diritti? Oggi fa la sua parte?

La Regione Toscana, fa quello che può fare, cerca di far rispettare i diritti delle persone LGBTQIA+. Abbiamo sentito il sostegno di alcuni sindaci come quando Nardella ha iniziato a trascrivere gli atti di nascita delle coppie di mamme, rendendole entrambe genitori. A volte è avvenuto anche per coppie di uomini che erano ricorsi alla GPA, ma è sicuramente più complicato, situazione resa ancora più difficile dopo la circolare Piantedosi, in cui si intima ai comuni in Italia di non registrare i figli delle coppie dello stesso sesso. In Regione ci sono anche delle persone che si stanno impegnando al massimo, come l’assessora Alessandra Nardini, sempre al nostro fianco nelle nostre battaglie. La Toscana è sicuramente una terra di diritti, lo è sempre stata e lo conferma anche questa volta. Si può sempre fare meglio e di più, la strada è quella giusta.

Ci dite qualcosa che vi piace della nostra regione e cosa invece vorreste cambiare?

Ci piace più o meno tutto della Toscana, la terra in cui siamo nati entrambi, in cui viviamo e abbiamo deciso di crescere nostro figlio. Prato è una città molto accogliente verso le nostre famiglie, anche l’amministrazione ci rispetta e si è impegnata tanto per i nostri diritti.

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